10 dicembre 2019 – Nato nel 1859 a Białystok, oggi in Polonia, Ludwik Lejzer Zamenhof cresce sotto l’occupazione russa, in un periodo di violenze tra le comunità della regione: protestanti tedeschi, cattolici polacchi, ortodossi russi ed ebrei. Zamenhof appartiene a quest’ultimo gruppo e vuole gettare un ponte tra le persone “per superare tutte le divisioni” e promuovere “l’eguaglianza tra gli uomini e la pace”. Zamenhof pensa di farlo creando a tavolino una lingua internazionale, l’esperanto, letteralmente “colui che spera”.

Se le lingue che parliamo non possono che essere portatrici di culture diverse e di una storia fatta di dominatori e dominati, l’esperanto rappresenta un nuovo inizio ed è lo strumento che, agli occhi del suo inventore, permetterà ai suoi “parlanti” di aggirare le divisioni insite nelle lingue naturali, riportando indietro la lancetta all’epoca pre-Babele, in cui l’umanità era una sola e viveva in pace.

Nel 1887 Zamenhof pubblica Unua Libro (“Primo libro”), seguito nel 1905 da Fundamento de esperanto, comprensivo di grammatica, esercizi e dizionario. L’esperanto si propone come una sintesi semplificata di diverse lingue da tutto il mondo, per lo più europee: vi compaiono latino, italiano, francese, tedesco, inglese, russo e polacco, ma non mancano giapponese, arabo e altre lingue ancora, oltre a termini inventati ex novo.

Fondata su 16 regole basilari, si tratta di una lingua molto facile da imparare. Si legge esattamente come si scrive e ha una grammatica semplice, regolare, senza eccezioni, senza declinazioni né coniugazioni, in cui i sostantivi finiscono in -o, gli aggettivi in -a e gli avverbi in -e. La semplicità è uno dei criteri che permettono a un idioma di diffondersi, come ha dimostrato l’inglese.

L’esperanto non resta l’invenzione di un idealista isolato e un po’ pazzo: 18 anni dopo la pubblicazione del primo libro esistevano infatti 27 giornali e riviste pubblicati regolarmente in esperanto e nel 1905 Zamenhof organizzò il primo congresso, a cui parteciparono poco meno di 700 persone.

Se, come sostiene la linguista statunitense Arika Okrent, la storia delle lingue artificiali è una storia di fallimenti, neanche quella dell’esperanto può essere considerata un successo, essendo stato subissato largamente dall’inglese nella sua diffusione a livello internazionale. Ma, considerando che al suo picco ha raggiunto 2 milioni di parlanti e che oggi si stima sia parlata a qualche livello da 100mila persone che hanno imparato la lingua sentendola parlare da piccoli (come George Soros che ha anche fatto tradurre in inglese le memorie del padre scritte in esperanto) resta la lingua artificiale più diffusa e più longeva.

Oggi l’esperanto attinge nuova vita dalla diffusione di internet: il programmatore esperantista Chuck Smith nei primi anni 2000 pensò che l’esperanto potesse essere un ponte nella traduzione svolta da appositi programmi, specialmente tra lingue che non hanno una grande quantità di insiemi di dati sovrapponibili, come finlandese e turco. Smith aprì così Vikipedio, il portale di Wikipedia in esperanto, che oggi conta circa 270mila pagine. Lernu! (“Impara!”) è il centro del web esperantista, con corsi online e un attivo forum, mentre il corso di esperanto su Duolinguo ha raggiunto nel 2017 il milione di studenti in tutto il mondo.

Testo tratto da: https://thevision.com/cultura/esperanto-lingua-pace/